Che siano 42 km o 100 km, le tabelle dei miei allenamenti sono le stesse

I miei allenamenti per maratona e ultramaratona

Affrontare sfiancanti corse su strada richiede di allenarsi su almeno due fronti

Ho iniziato a correre gare di mezzofondo (competizioni di corsa su distanze comprese fra 800 metri e 10000 metri) già da adolescente. Sono poi passato alla corsa di fondo (distanze superiori ai 10000 metri) ai tempi dell'università, partecipando, fra le altre, alle maratone di New York, Firenze, Pisa, Torino, Milano e San Pietroburgo.

Per 10 volte ho tagliato il traguardo dell'ultramaratona Firenze - Faenza, meglio nota come "100 chilometri del Passatore".

Due o tre cose sulla corsa di fondo quindi le so e le condivido volentieri.

Una doverosa avvertenza: quanto scritto di seguito non costituisce una consulenza medica o sportiva. Per affrontare in sicurezza qualsiasi sport - a maggior ragione la corsa su strada su distanze da fondisti - è necessario rivolgersi a professionisti qualificati che monitorino lo stato di salute e i progressi dell'atleta.

Pronti? Via!

E così hai deciso di correre una maratona. Una bella sfida: starsene a sgambettare per 42 km non è da tutti.

Addirittura una ultramaratona, ti vuoi fare? Cioè vuoi correre per più di 42 km? Diciamo 100? Hai davvero coraggio!

I miei complimenti: sei in buona compagnia. Sì: in compagnia di una banda di mezzi matti, che comprende anche chi scrive.

A parte le battute, immagino tu abbia capito che una corsa su strada di svariati chilometri ti richiederà un impegno fisico e mentale che va ben oltre la partitella settimanale di calcetto.

Obiettivi chiari

Ti suggerisco di proporti due obiettivi:
- arrivare almeno a tagliare il traguardo;
- registrare un tempo personale almeno nella media della tua categoria.

Se durante la competizione ti renderai conto che il secondo obiettivo non è (ma solo per stavolta) alla tua portata, non farti scoraggiare e concentrati sul primo. Tagliare il traguardo di una corsa di fondo, infatti, è comunque sempre un ottimo risultato, per chi non corre di professione.

E se ti succederà di non poter nemmeno conseguire il primo obiettivo, ritirati senza troppi drammi, non strafare: prendila come una lezione da imparare e lavora sui tuoi allenamenti e sulla tua predisposizione a sforzi fisici prolungati.

Il mio augurio è che, una volta completata la competizione, la magnifica sensazione di benessere e compiacimento ti spinga a trasformare in abitudine gli allenamenti, a prescindere dalla presenza o meno di una gara da affrontare.

A quel punto - avendo consolidate una buona forma fisica e una discreta resistenza - la tua prospettiva cambierà: l'obiettivo non sarà più il completamento di una maratona ma il mantenimento della sana abitudine acquisita.

E le competizioni diventeranno una sorta di test, ai quali ti sottoporrai saltuariamente, giusto per intensificare ogni tanto gli allenamenti a ridosso delle gare e per vedere un po' quanto riesci a fare quando ti impegni al 101%.

Su cosa lavorare

Due sono fondamentalmente i fronti sullo sviluppo dei quali ho sempre lavorato: la resistenza del mio corpo e la resistenza della mia mente a uno sforzo fisico prolungato.

La resistenza del mio corpo l'ho allenata semplicemente mettendo - come si suol dire - tanti chilometri nelle gambe. Prima di una competizione su strada, cioè, ho corso cumulativamente centinaia di chilometri durante gli allenamenti ai quali mi sono sottoposto.

La resistenza della mia mente, invece, l'ho allenata con alcuni metodi, non proprio ortodossi ma - visti i risultati - certamente efficaci.

Allenare la resistenza fisica

Mettere chilometri nelle gambe, dicevamo.

Be', non è facile come può sembrare. Insomma, cerchiamo di capirci: non è che scendi in strada, in pantaloncini e maglietta e cominci a correre, così, quando, quanto e come ti viene.

No: ci vuole una tabella e gli allenamenti devono essere costanti.

Sì, certo, può capitare di saltare un allenamento una volta ogni tanto ma se le sessioni programmate si riducono drasticamente rispetto a quanto pianificato, è bene riconsiderare la propria partecipazione alla gara.

E non è solo un discorso di ottenere un tempo invidiabile oppure una performance scarsa. No: saltare troppe sessioni di allenamento e poi intestardirsi nel correre comunque una maratona o una ultramaratona può voler dire anche andare incontro a problemi fisici.

Te lo ripeto: allenarsi sensibilmente meno di quanto necessario è potenzialmente pericoloso.

Ecco: te l'ho detto.

I miei obiettivi

Un metodo che mi sono imposto prevede - a cominciare almeno da sei mesi prima della gara - di progredire negli allenamenti in modo da arrivare a correre un minimo di 10 km ogni volta che esco in strada.

In altre parole, se, per mantenermi attivo, normalmente esco a correre un paio di volte la settimana, ogni volta per 5 o 6 km, allora, in vista di una gara, intensifico gradualmente gli allenamenti per ottenere una buona forma e una discreta resistenza allo sforzo fisico, in modo tale che, arrivato a regime di allenamento da gara, devo poter correre ogni volta un minimo di 10 km, in scioltezza.

Riservando al sabato o alla domenica una corsa assai più lunga, di 20 km o più, possibilmente non in piano ma con dislivelli.

Allenamenti e riposo

Allenandomi a giorni alterni, riesco poi ad affrontare corse impegnative come una maratona (cioè 42 km) o una ultramaratona come, per esempio, la "100 km" da Firenze a Faenza.

Tipicamente, uscendo a correre un giorno sì e uno no, le uscite sono lunedì, mercoledì, venerdì e domenica, poi martedì, giovedì e sabato. E di nuovo lunedì e così via.

Alternare un giorno di allenamento su strada a un giorno di recupero mi permette di affrontare ogni allenamento successivo con un corpo ragionevolmente riposato.

Allenare la resistenza mentale

Diciamocelo subito: se correre non ti piace proprio - spero però che sia solo un fatto momentaneo - allora impegnarti richiederà un po' di sforzo.

Per motivarti ad allenarti, inizia a pensare a quella bella sensazione che provi quando, tornato da un allenamento, sei sotto la doccia e ti godi l'acqua calda oppure sei già in accappatoio, seduto sul divano, pronto per un pasto adeguato, per recuperare un po' le energie spese.

Insomma, pensa alla sensazione di benessere che provi quando un allenamento ti ha rimesso in sesto e ti ha dato la carica.

A molti atleti amatoriali (ma anche a molti professionisti) questo pensiero basta per motivarli a uscire.

Doping (quasi) legale

Lungi da me consigliarti il ricorso a sostanze proibite e dannose. Ti chiedo: hai provato ad ascoltare la tua musica preferita mentre ti alleni?

Intendo la musica che ti dà una marcia in più, quella che ti mette il turbo.

Ecco: ascoltala mentre ti alleni e ti accorgerai che, non solo sopporterai meglio la fatica ma correrai un po' più veloce.

Occhio a strafare! Infatti con la musica adatta, quella energizzante, la tentazione è di mantenere una velocità superiore alla media che tieni di solito. Ecco, vedo che mi hai già capito: il rischio è di affaticarsi troppo e compromettere l'allenamento.

Musica adrenalinica sì ma occhio a non pestare troppo sull'acceleratore.

Attenzione anche alla musica in gara perché, in alcune competizioni, l'ascolto della musica viene considerato doping e gli atleti sorpresi con le cuffiette possono incorrere in una squalifica.

Sì, hai letto bene: ascoltare la musica è equiparato al doping, in alcune gare, proprio perché l'ascolto di musica gradita al runner lo pone in uno stato mentale quasi euforico, stato che induce il cervello a produrre sostanze specifiche per tollerare fatica e dolore.

In altre parole, i comitati organizzatori di alcune corse di fondo considerano il cervello come uno spacciatore di sostanze dopanti, quando ascolta musica adrenalinica.

Chiaramente se sei un corridore non professionista - come la maggior parte dei partecipanti - è difficile che un giudice di gara ti si affianchi e ti inviti ad abbandonare la gara.

I controlli riguardano gli atleti top. Chi corre a livello amatoriale non viene quasi mai controllato dato che non ha alcuna speranza di competere coi professionisti, neanche se ascoltasse la miglior compilation di tutti i tempi.

Come Spider-Man

Fai fatica a procedere? Il percorso dell'allenamento (o della gara) va oltre le tue forze?

Immagina di essere Spider-Man e di poter lanciare ragnatele elastiche.

Le tue ragnatele mentali usale così: mentre corri, adocchia un oggetto a più o meno 50/100 metri davanti a te. Ora sparagli (mentalmente) una ragnatela.

Adesso immagina che la tela ti tiri verso l'oggetto al quale l'hai agganciata, come fosse un elastico in tensione.

Appena raggiunto l'oggetto, stacca (mentalmente) la ragnatela e sparane (mentalmente) una nuova, verso un altro punto di riferimento, a più o meno 50/100 metri davanti a te e immagina che adesso sia questa nuova ragnatela a tirarti.

E via così, fino a quando non avrai superato la crisi.

Suona ridicolo, vero? Sì, lo ammetto: il runner alla Spider-Man fa sorridere ma ti assicuro che funziona.

La regola del 40%

Si dice che durante uno sforzo, la sensazione di non farcela sopraggiunga quando, invece, siamo soltanto al 40% delle nostre capacità.

La mia esperienza personale sembra confermare questa regola empirica: quando, infatti, affronto la ultramaratona da 100 km da Firenze a Faenza, più o meno al 40esimo chilometro inizio a vedere la Madonna con tutti i Santi intorno.

Un classico. E la sensazione di non potercela fare è così forte che mi spingerebbe a mettermi al lato della strada e dichiararmi sconfitto.

Accade, infatti, che il cervello, quando individua l'approssimarsi di problemi fisici gravi, si metta in modalità "Mi arrendo!" proprio per spingerci a fermarci, così da proteggere il nostro corpo da potenziali danni.

In questo caso - che sia durante un allenamento o una gara - adotto una procedura piuttosto semplice: senza rallentare, mentalmente scansiono il mio corpo e cerco di capire se si tratta solo di un momento di crisi o se, invece, c'è davvero qualcosa che non va ed è meglio fermarsi, per evitare guai.

I piedi, come stanno? Bene, a parte essere un po' sudaticci. Vabbe', ci sta.

I polpacci, che dicono? Presenti e pronti a proseguire. Bene così.

Le ginocchia? Tutto bene, grazie.

Cosce? Sudaticce ma tutto a posto.

Glutei? Un po' indolenziti ma assicurano che è una cosa temporanea, che neanche loro riescono a spiegarsi.

Schiena? Sto correndo con una postura un po' rattrappita. Su la testa, aprire le spalle e avanti. Ecco: già meglio!

(I glutei ringraziano. La postura rattrappita li stava tenendo in tensione: ecco da dove proveniva il loro indolenzimento.)

Adotto questa procedura già a partire dagli allenamenti, così diventa un'abitudine che sono in grado di applicare automaticamente durante una gara.

Ovviamente se anche soltanto uno dei controlli segnala un forte disagio (per esempio, l'inizio di un crampo a un polpaccio), è saggio fermarsi.

Si cerca di rimediare, magari con manovre adeguate. Per un inizio di crampo al polpaccio, per esempio, a volte è sufficiente tenere il piede in posizione cosiddetta a martello, fino alla scomparsa del crampo.

Se necessario, si procede all'assunzione di bevande e cibo. Sempre rimanendo al caso del crampo, mangiare una metà di una banana perché un crampo di solito è segno di una carenza di potassio e le banane forniscono il prezioso elemento.

Lo spirito giusto

Alla fine si tratta di correre per trarne soddisfazione e giovamento fisico. Se per qualsiasi motivo, la gara non procede come pianificato, non è un dramma: sarà per la prossima volta. Meglio rallentare un po' e veder sfumare un buon tempo personale oppure addirittura ritirarsi che tagliare il traguardo distrutti, in preda a crampi feroci, col fermo proposito di non correre mai più.

In conclusione

Prepararsi a correre una gara di fondo è alla portata di tutti. Se medico e allenatore ti danno il "Go!", è un impegno che ti suggerisco di affrontare con entusiasmo e che ti auguro ti porti la soddisfazione che meriti.

Ci vediamo all'arrivo!